Un tuffo nel futuro. Sensazione davvero inusuale e sorprendente, difficile perfino da raccontare, considerato che l’ho avvertita rileggendo storie che ho scritto diciotto anni fa.
Parole che avevo scordato di racconti rimasti sopiti nel tempo sono ricomparse nelle pagine di un libro, recentemente scovato tra i volumi impilati nei miei scaffali. Cercavo tutt’altro e mi sono imbattuto negli spartiti di “Zingarom”, l’album dell’amico, nonché mio discografico e mio editore, Reno Brandoni.
Nel 2004 mi chiese di trascriverne la musica, partendo dai suoi appunti, e di scrivere un racconto per ogni trascrizione. Accettai e il libro fu pubblicato.
Può apparire stravagante, ma di frequente accade, terminata una produzione, di essere così immerso nel flusso torrenziale di idee e progetti da non avvertire l’urgenza di un ritorno e così può passare del tempo prima di riprendere tra le mani opere già edite.
Quando mi capita, a cogliermi sono sempre emozioni di natura differente ma comunque forti, specie se di tempo ne è trascorso così tanto da non ricordare
dettagli o addirittura intere porzioni del progetto. A ogni modo, assaporo ogni volta un retrogusto di novità nel rileggere trame del passato, poiché sguardi resi nuovi dall’incedere dei giorni non possono che aprire scenari nuovi. Questa volta, però, è stata un’esperienza del tutto inattesa.
Riscoprendo i racconti scritti per “Zingarom”, storia dopo storia, ne ho riassaporato le parole, audaci e libere dalle mie odierne pignolerie, e ne ho ricostruito le intenzioni, aggiungere cioè tensione alla malinconica serenità della musica, girovagando tra le due matrici d’ispirazione: le melodie di Reno e, forse ancor di più, i titoli evocativi dei brani.
Riappropriarmi di queste storie del passato ha generato la singolare sensazione del tuffo nel futuro: mi era già capitato di considerare ancora attuali produzioni datate, ma mai di percepirle come la migliore versione possibile della narrazione, compiutezza che di consueto è idealmente raggiungibile in un futuro indefinito, tentativo dopo tentativo.
Stranito ed eccitato da questa pensiero, labirintico e folle, ho subito proposto a Reno di dare nuova vita al progetto e lui non solo ha accettato, ma mi ha proposto di invertire i livelli: se prima i miei racconti avevano fatto da sfondo alle sue melodie adesso sarebbe stata la sua musica a farlo alle mie storie.
Ho accettato, naturalmente, accogliendo con gratitudine uno slancio di rara umiltà, specie fra gli artisti. Così oggi maneggio tra le mani queste nove nuove storie che mai e in nessun altro modo potrei e saprei raccontare.
Luca Francioso
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